Le voci del non umano e le ibridazioni del corpo bambino. La letteratura per l’infanzia come meditazione intorno al rapporto uomo-natura

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Giorgia Grilli

Abstract

L’emergenza climatica rende più che mai urgente riconsiderare il pensiero dominante, le prassi, le abitudini, i valori della cultura occidentale alla luce di una visione più unitaria, olistica ed ecologica del mondo e del posto dell’uomo al suo interno. L’idea di un essere umano che, fin da quando è bambino, andrebbe considerato e formato in termini di relazione e connessione profonda con l’intero cosmo attraversa il mondo dell’educazione da Jean Jacques Rousseau fino alle attuali teorie e pratiche dell’outdoor education. Dentro e fuori le aule scolastiche, però, l’esasperato antropocentrismo che caratterizza la nostra cultura sembra difficile da smantellare. Un contributo trascurato, ma potente e originale, all’educazione di una mente e, prima ancora, di una “identità” ecologica lo fornisce, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, la letteratura per l’infanzia. I libri per bambini riservano da sempre grande attenzione a soggetti non-umani, narrano di relazioni profondissime tra uomini, animali, foreste, montagne, fiumi, mettono in scena ibridazioni tra i viventi di tutti i tipi e mostrano come particolarmente aperti e metamorfici i corpi bambini. Le narrazioni per l’infanzia, con la loro forza poetica e metaforica, rendono spesso ontologico, prima ancora che ecologico, il legame tra noi e ciò-che-non-siamo-noi, ponendosi come strumenti preziosi per un ripensamento radicale non solo del rapporto tra uomo e natura, ma della stessa natura umana.

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Sezione
Saggi